Il simbolismo dei Tarocchi – recensione

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Quando sollevai il primo velo ed entrai nell’atrio esterno del Tempio delle Iniziazioni, vidi nella semioscurità la figura di una Donna seduta su un alto trono tra due colonne del tempio, una bianca e una nera. Da lei emanava mistero, ed esso lo circondava.
Sacri simboli brillavano sulla sua veste verde; sulla sua testa poggiava una tiara dorata, sormontata da una mezzaluna. Sulle sue ginocchia teneva due chiavi incrociate e un libro aperto.
Tra le due colonne dietro la Donna era appeso un altro velo, tutto ricamato con figure di foglie verdi e melograni.
E la voce disse:
«Per entrare nel Tempio, è necessario sollevare il secondo velo e passare tra le due colonne. E per farlo, è necessario ottenere il possesso delle chiavi, leggere il libro e comprendere i simboli. Sei in grado di farlo?»

Piotr Demianovich Ouspensky non fu solamente un epigono di Gurdjieff. Anche prima di incontrare il suo maestro, Ouspensky era impegnato in fervide ricerche esoteriche, su cui scrisse diversi testi. Fra questi, un testo breve ma denso, intitolato Il simbolismo dei Tarocchi, che è stato recentemente tradotto e pubblicato da Tlon edizioni.

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Di libri sull’argomento ce ne sono davvero tanti. Questo, però, ha la rara particolarità di usare l’immaginazione come mezzo di indagine per intuire la simbologia degli Arcani. Ouspensky non si limita a una comprensione intellettuale, ma entra in rapporto diretto con le immagini: le affronta, ci discute, le vive.
Più che insegnarci la simbologia dei Tarocchi, questo libro ci mostra dunque qualcosa di ancora più prezioso: un modo per entrare in diretto contatto con il simbolo.

Nell’introduzione, Nicola Bonimelli traccia un’esauriente profilo sull’opera e il suo autore; in particolar modo, sottolinea proprio l’aspetto immaginale con cui Ouspensky entra in contatto con i misteri dei Tarocchi:
Ouspensky sa che i Tarocchi sono delle tracce – dei frammenti. Per tale ragione ne traccia dei profili – (pen-pictures), e lo fa raccontando, per ogni Arcano, l’incontro di un ricercatore di fronte a un nuovo mistero. Ogni mistero parla a e di chi lo interroga, con una corrispondenza che può solo essere immaginata. In altre parole, la relazione con il mistero, la cifra di questo incontro, non esaurisce l’ignoto in una trasparenza epistemica definitiva. Per questo è essenziale che l’approccio filosofico del ricercatore sia innanzitutto immaginativo.
Tuttavia, ciò non consiste nella boriosa rassegnazione del relativismo. Piuttosto si tratta di uno sforzo cosciente, cosciente proprio in virtù del limite che l’iniziato – il filosofo – esperisce nel contatto con l’Altro, il Mistero.

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Ouspensky stesso esprime questo rapporto con il mistero – che è al tempo stesso incontro e compartecipazione – immaginando sull’arcano della Stella, con frasi al tempo stesso poetiche e potenti:
Sotto le lucenti stelle, accanto a un ruscello blu vidi una ragazza nuda, giovane e bella. China su un ginocchio versava acqua da due anfore, una d’oro e una d’argento; un piccolo uccello su un cespuglio vicino spiegò le sue ali e fu in procinto di volare via.
Per un istante capii che stavo osservando l’anima della Natura.
«Questa è l’immaginazione della Natura», disse la Voce delicatamente.
«La Natura sogna, immagina, crea mondi. Impara a unire la tua immaginazione a quella della Natura; e nulla ti sarà impossibile.»

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