Categoria: recensioni

Piccolo manuale illustrato per cercatori di foglie

Non basta mai la logica, che insegue le tracce dell’utilità e della bellezza, per fornire una spiegazione alla presenza di una pianta nell’immaginario umano, affamato di simboli e mitologie quanto il corpo lo è di cibo e di riparo.
Piccolo manuale illustrato per cercatori di Foglie (Il Saggiatore)

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Foglie e fogli: il legame fra alberi e letteratura non si ferma a una semplice assonanza, ma ha profonde radici e ramificazioni inaspettate. C’è un gesto, al tempo stesso ingenuo e poetico, che tutti noi ci siamo trovati prima o poi a compiere, e che testimonia con immediatezza espressiva questo rapporto: si raccoglie una foglia, e la si conserva fra le pagine di un libro. Si sottrae così una testimonianza dell’attimo al samsara vegetale, proprio come lo scrittore cerca di affidare alla scialuppa di un libro le riflessioni che altrimenti annegherebbero nell’oblio.

In concomitanza con l’autunno, che delle foglie è la stagione per eccellenza, Il Saggiatore ha pubblicato un curioso ed elegante libro, intitolato Piccolo manuale illustrato per cercatori di foglie (qui la scheda del libro sul sito della casa editrice). L’idea attorno a cui è costruito il testo è proprio quella della raccolta: nei vari capitoli si trovano infatti alcune pagine vuote, che il lettore potrà riempire con le foglie di cui si tratta. In questo modo ci si sente quasi coautori di un libro che finirà per essere diverso e personale per ognuno che vi collabora.

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Il “piccolo” del titolo non deve però ingannare. Le dimensioni sono agevoli, e il libro d’altronde è pensato per essere portato nello zaino, per raccogliere magari una foglia di faggio durante un’escursione nel bosco. Le sue pagine sono però ricchissime e dense, tanto di informazioni che di eleganti illustrazioni. I testi di Giuseppe Zare riescono a condensare secoli di letteratura e millenni di leggende, fioriscono di poesia, di scienza e di riflessioni; eppure riescono a coniugare la complessità in un discorso semplice ed elegante. In certi tratti le pagine si accendono poi di trascinante poesia, come in questa magistrale descrizione del tronco degli ulivi secolari: “Tanta ostinazione alla vita si esprime visivamente in tronchi cavernosi, tortuosi e caparbi, che sembrano ribollire dal suolo anziché levarsi verso il cielo, ogni foro la bocca di una maschera, un occhio cavo che osserva, ogni nodo un tormento, ogni liquida contorsione un secolo imbrigliato nel magma del legno.

Dalla betulla al ginkgo, dal pioppo al salice, la lettura scorre e avvince, tanto che pare di trovarsi davvero al cospetto dell’albero di cui si discorre – sensazione che verrà poi ulteriormente accentuata se, riaprendo il libro, troveremo fra le pagine la foglia dell’albero che abbiamo precedentemente raccolto e conservato.

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A rendere ulteriormente incantevole il piccolo manuale, troviamo poi le raffinate e sognanti illustrazioni di Sofia Paravicini. Colori eleganti, forme eteree ma al tempo stesso rigorose, sospese – proprio come gli alberi – fra concretezza e leggenda. Sfogliare le pagine illustrate è come aprire un piccolo ma prezioso scrigno di gemme. Ci avvolge quella sensazione di scoperta, a metà fra lo straniamento e la sensazione di reincontrare un vecchio amico: la stessa che si avverte quando si cammina in un bosco.

Orizzontale e verticale – le figure del potere

Alla base del nostro pensiero si trovano alcuni archetipi in grado di dare forma alle percezioni e ai sentimenti, plasmando intuizioni e convinzioni, organizzando il nostro modo di concepire il mondo e di vivere in esso. Si mostrano come forme o categorie all’apparenza semplici, persino banali, tanto che spesso li ignoriamo, dandoli per scontati. Ma se andiamo ad analizzarli, rivelano un’importanza fondamentale e ramificata, tanto nelle vite quotidiane che sul più ampio respiro della storia.

Uno di questi archetipi è la contrapposizione fra verticale e orizzontale. E’ al tempo stesso un fatto fisico – una geometria polarizzata dalla forza di gravità – che una categoria del mentale: una distinzione che si riflette in campi apparentemente molto diversi fra loro, come l’arte o l’organizzazione sociale. Elèuthera editrice ha pubblicato un’interessante e approfondito saggio su queste dimensioni dell’essere, a opera di Stefano Boni. Il titolo è “Orizzontale e verticale – le figure del potere“. (qui la scheda del libro sul sito della casa editrice)

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Non siamo che alberi

Quartieri bassi, insomma, le banlieu della Macchia, irte di cattive compagnie: bande di pungitopi rissosi, di stracciabraghe prepotenti, di rovi vagabondi, di ellera omertosa, e qualche volta persino la yucca, immigrata clandestina spesso segnalata a bazzicare questi poco raccomandabili paraggi. Fra cotanta teppa, i piccoli leccetti un po’ ci fanno e un po’ ci sono: buggerano gli agrifogli, s’imbrancano con viburni tracagnotti, si rissano coi giovani pinastri, intrecciano storiacce torbide con l’ellera assassina.
Filippo Ferrantini, Non siamo che alberi (effequ)

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Il dio degli incroci – recensione

I pioppi gettavano ombre oblique sulla terra. Il sole del pomeriggio illuminava le zolle. Dal suolo veniva un calore profondo, brulicante di insetti e di vita. Mi sono fermato, a un certo punto, e ho capito di non essere solo. Il campo era vivo. Non per gli insetti o le rane nel fosso. Era il luogo vivo di un suo spirito confuso nei blocchi di terra e nell’ombra tremolante. Una vita altrettanto reale delle piante che spuntavano dall’asfalto. Reale come sono reali le poesie, l’immaginazione, l’anima.
Stefano Cascavilla, Il dio degli incroci (Edizioni Exorma)

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Il tamburo e gli dei

L’unione degli opposti

Un dio dimenticato riemerge dalla notte della storia. Non ha la bellezza di una Apollo greco, né la composta solennità di un Osiride egizio. Anzi, a guardarlo pare un mostro. Ha il torso di un uomo, ma al posto delle gambe si snodano due serpenti. Ha la testa di un gallo, ed è pure armato di tutto punto: uno scudo per difendersi, e una frusta per attaccare. Persino il nome ha un che di arcano, quasi spaventoso: Abraxas.

Eppure questo dio misterioso ha conosciuto un grande successo, diffondendosi in un culto trasversale in tutto il bacino del Mediterraneo, per un periodo che va dal I al IV secolo dopo Cristo. Se ne trovano le tracce nei testi gnostici che ci sono pervenuti, ma soprattutto nelle gemme e nei papiri usati per pratiche magiche.

Poi, improvvisamente, Abraxas scomparve dalle scene, come un astro che tramonta all’orizzonte. Nonostante il suo impatto sulla cultura dell’epoca, di questo misterioso nume non ci resta che qualche accenno a margine nei grandi manuali della storia.

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Cieli Neri – recensione

Che immagini evocano i versi scintillanti di stelle nella testa di chi non ha mai fatto esperienza della notte? Un bambino cresciuto senza stelle è capace di sognare altri mondi? Di volere bene al proprio? La «nebbia luminosa» che ogni notte striscia oltre la linea dell’orizzonte cancellando le stelle somiglia al Nulla che ne La storia infinita divora il mondo di Fantàsia: entrambi uccidono bellezza e poesia.
Irene Borgna, Cieli neri – come l’inquinamento luminoso ci sta rubando la notte (Casa editrice Ponte alle Grazie)

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Memorie dal sottobosco – recensione

Si crea una pericolosa crepa, un’apertura, la possibilità di vedere dentro l’insetto, attraverso l’insetto, ciò che sfugge al nome, alla scomposizione entomologica delle singole parti. Cosa vedo in questo Diaperis, che è il mio desiderio «privato», la mia identificazione? Vi vedo tutto. Magnetizza l’attenzione.
Tommaso Lisa, Memorie dal sottobosco – un coleottero dei funghi (Exorma edizioni)

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Simboli di Vita e di Morte nell’età Neolitica – recensione

Il cambiare delle stagioni, i cicli della luna, gli equinozi portavano con sè le proprie regolari cerimonie; la decorazione degli oggetti di culto, delle maschere, degli abiti da cerimonia, degli strumenti musicali, gli affreschi nei templi – tutto il simbolismo religioso connesso con queste attività forniva una grande ispirazione all’espressione creativa e artistica. Questa pacifica religione della fertilità, basata sull’agricoltura ma allo stesso tempo dinamica, è prevalsa nella vita dei popoli dediti all’agricoltura per diversi millenni.
Dorothy Cameron, Simboli di Vita e di Morte nell’età Neolitica (Venexia editrice)

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