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La dragonessa
A Vienna, sulla facciata della casa al numero 15 di Steingasse, è imprigionata una magnifica dragonessa:
Il pasto del serpente
Certe immagini possiedono una forza vitale, che le rende in grado di passare dal confuso mondo dei sogni alla bellezza dell’arte, e da lì rituffarsi nel profondo mare dell’anima umana. Sono così al contempo antiche e sempre nuove; rimangono sè stesse, eppure il loro messaggio è sempre attuale.

Sarcofago di Giona (280-300 d. C.) – Necropoli vaticana
Non pensate nemmeno per un istante che la fame si possa sconfiggere sfamandola. Gli appetiti, di qualsiasi natura siano, sono un fuoco: assecondarli significa gettar legna sulle fiamme, e ciò non fa altro che aumentare il vigore del desiderio.
Potreste pensare che al giorno d’oggi la fame ha perso il suo dominio sulle nostre terre, e che gli unici che da noi ne soffrano i morsi siano quelli che decidono di mettersi a dieta. Voglia il cielo che sia e che rimanga così: la carestia ha un volto davvero orrendo.
Ma è proprio perchè abbiamo lo stomaco pieno che la fame pervade e comanda la nostra società. Se non la riconoscete è perchè ha cambiato pelle, ma resta pur sempre la stessa: fame di soldi, fame di oggetti di lusso, di avere una casa spaziosa e piena di mobili costosi e raffinati. La fame dei nostri giorni è quel desiderio di avere una macchina sportiva rossa fiammante il cui prezzo corrisponde ad alcuni decenni del proprio stipendio, oppure la smania di avere un telefono cellulare che costa un occhio della testa perchè “fa anche le foto, e poi ha i giochini”.
Nella mitologia il drago è spesso un custode di tesori: si pensi a Ladone, che custodiva il giardino delle Esperidi, o a Fáfnir della saga dei Nibelunghi.
Il drago fa la guardia ai suoi preziosi possedimenti, eppure non ne gode, perchè l’avidità gli impedisce di spenderli.
Questa fame così cieca e volgare tradisce un penoso vuoto interno. Manca qualcosa nel cuore, c’è un buco nell’anima, e sorge la malaugurata idea che sia possibile colmarlo con gli oggetti materiali.
Ma questa corsa al possesso non fa che rendere più profondo e doloroso l’abisso interno; e quando la forza divoratrice di quel buco si fa invincibile, l’uomo finisce per essere inghiottito dal suo stesso drago.