Golgota
” Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv, 12:24)
Il Cristo muore in croce sul Calvario: “Egli, portando la croce, si avviò verso il luogo del Cranio, detto in ebraico Gòlgota“. (Gv, 19:17)
Esteriormente il Calvario appare come una collina nei pressi di Gerusalemme; ma è evidente che, dal punto di vista spirituale, esso sia il vero e proprio cranio dell’Uomo.
Una celebre leggenda vuole che sotto il calvario sia seppellito Adamo, e spesso nell’iconografia della Passione si vede il suo teschio ai piedi della croce. Anche in questo caso, Adamo non è solamente il primo uomo, il capostipite di una lunga serie di esseri umani: nell’ottica spirituale egli simboleggia infatti l’Uomo nella sua totalità, l’essere umano in tutte le sue potenzialità, espresse ed inespresse.
Sopra il cranio dell’Uomo, dunque, il Cristo muore. Il chicco di grano si dissolve nella terra, in quella argilla rossa con cui secondo la tradizione Dio plasmò Adamo. La scatola cranica è il sepolcro in cui viene deposto il corpo di Cristo, ma è anche la caverna in cui è venuto alla luce il figlio di Dio. Soltanto apparentemente Natale e Pasqua sono due momenti separati, l’inizio e la fine della parabola terrena del Cristo. Simbolicamente essi coincidono, sono due prospettive sulla stessa verità: l’incarnazione continua, quel processo continuo con cui viene “nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.” (Gv 1:9).
I sette cieli planetari compongono i colori dell’arcobaleno: è il segno dell’alleanza fra Cielo e Terra, fra Spirito e Mondo.
“L’arco sarà sulle nubi
e io lo guarderò per ricordare l’alleanza eterna
tra Dio e ogni essere che vive in ogni carne
che è sulla terra” (Gn, 9:16)
La Croce è la strada che li attraversa, portando dal Cielo delle stelle fisse alla Terra dell’essere umano. Nel Golgota, nel cranio dell’uomo, questa strada si trasforma in un labirinto, una via tortuosa come le anse in cui è ripiegato il cervello. Il labirinto ha sette spire, creando un riflesso interiore dei sette cieli planetari. Scendendo dall’Empireo Dio muore, ma in questi labirintici cieli della mente il suo Spirito risale, risorgendo nella forma del Filius Sapientiae. E’ questa l’essenza più profonda della Resurrezione: il Cristo non torna in vita in un corpo proprio, ma rinasce in noi, accendendo la luce dello Spirito in quell’Uomo che altrimenti sarebbe una lucerna spenta. E’ questa la Resurrezione che ci spetta, e a cui dobbiamo ambire già durante questa vita.
Similmente, il Natale del Cristo è anche e soprattutto la sua nascita dentro l’essere umano:
“Se anche Cristo nascesse mille volte a Betlemme ma non in te, saresti perso per l’eternità” (Angelus Silesius, Il Pellegrino cherubico)
E’ così che possiamo interpretare con una nuova luce l’annuncio evangelico:
“E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv, 1:14)
Non “in mezzo a noi” come un individuo fra la folla, ma proprio “nel mezzo di ciascuno di noi”, nel nostro centro, nella parte più profonda e fondante della nostra essenza:
“A quanti però l’hanno accolto,
ha dato potere di diventare figli di Dio” (Gv, 1:12)