L’Eternità è innamorata delle opere del tempo

La molteplicità è sempre per sua natura caduta dall’uno, ma «Dio è uno» (Gal 3,20). Inoltre è caduta dal bene; infatti l’uno e il bene sono convertibili. In terzo luogo è caduta dal vero; infatti anche il vero è convertibile con l’uno. In quarto luogo è caduta dall’essere; infatti anche essere e uno sono convertibili. Da ciò è chiaro che quel che è diffuso nella molteplicità in quanto tale si allontana dal vero, si allontana dall’essere, e di conseguenza cade nel demonio, opposto a Dio, cade nel male, opposto al bene, cade nel falso e nella menzogna, opposta al vero, cade nel nulla, opposto all’essere stesso.
Questo passo è tratto dal Commento al Vangelo di Giovanni, di Meister Eckhart. Si potrebbe però riportare una caterva di altre citazioni che esemplificano la stessa linea di pensiero: l’uno è il sommo bene, la sola verità; ciò che è molteplice è malvagio e disprezzabile, anzi, è il male stesso, un’illusione che ci inganna e ci condanna. Questa antica ubbia filosofica ha contaminato molte religioni dell’umanità, come una sorta di virus del pensiero. In particolare ha trovato terreno fertile nelle fedi monoteiste, in cui l’unico Dio ben si presta ad una sovrapposizione con l’Uno dei filosofi. Eppure a ben vedere questo modo di intendere la divinità porta ad un paradosso non da poco. Il Dio del monoteismo, infatti, è il creatore del Mondo: l’Uno, che è pura bontà e verità, crea il molteplice, una malvagia parvenza. Eppure “Dio vide che era cosa buona”.
Per risolvere questa contraddizione sono stati elaborati intricati sistemi filosofici ed ineleganti racconti mitologici. Basti pensare alla cosmologia degli gnostici, con le loro ingarbugliate esposizioni del “dramma della caduta”. Una complicazione che mette distanza fra l’Uno e il Mondo del molteplice, ma che alla fine non risolve il dubbio riguardo le responsabilità di questo Dio che si proclama perfetto ed infallibile.
Oggi vi propongo di mettere in discussione alla radice questo problema. L’assioma su cui si basa è stato ripetuto talmente tante volte che ormai non pensiamo nemmeno di interrogarci sulla sua validità. “L’uno è bontà divina, il molteplice inganno diabolico”: non dico che questa affermazione sia falsa, perché nel campo della metafisica non esistono verità o falsità, ma soltanto scelte. Chiediamoci piuttosto: a quali frutti conduce questa radice? Un disprezzo nei confronti del Mondo, contro la grande casa in cui abitiamo. Un contegno altezzoso verso le folle, un egoismo elitario che in fin dei conti è più vile delle masse da cui pretende di elevarsi. Un rifiuto della gioia, che viene intesa come attaccamento agli inganni della molteplicità. La negazione della sacralità della vita, svilita a sfortunata parentesi temporale fra la caduta e il ritorno all’Uno eterno.

Cambiamo le regole del gioco! L’Uno è buono, e la molteplicità anche. Il Mondo è buono, e l’Eternità non è qualcosa di completamente diverso dal piano dell’esistenza in cui viviamo: se il Mondo è una rosa, l’Eternità è il suo profumo. La vita è una benedizione, ma ciò non nega per forza la possibilità di uno stato dell’esistenza oltre la morte. L’individuo non è contrapposto alla collettività: fra i due livelli può esserci un dialogo fecondo, che porta ad un arricchimento reciproco.

Maria come mediatrice fra l'Uno e la molteplicità: il mantello è il Cielo in cui l'Uno risiede, il vestito è la benedizione celeste che si riversa a Terra, dissetando la moltitudine (Madonna della Misericordia, Santuario di S.Maria dell'Arzilla)

Maria come mediatrice fra l’Uno e la molteplicità: il mantello è il Cielo in cui l’Uno risiede, il vestito è la benedizione celeste che si riversa a Terra, dissetando la moltitudine (Madonna della Misericordia, Santuario di S.Maria dell’Arzilla)

Questa nuova prospettiva risolverebbe anche il contrasto fra monoteismo e politeismo. Il Dio unico è una grande Verità che non nega le singole verità degli dèi. Allo stesso modo, il tronco di un albero non contrasta l’esistenza dei rami che si dipartono da esso.
E ancora, l’umanità non trarrebbe giovamento da questo modo diverso di pensare, anche nei rapporti fra un popolo e l’altro? L’Uno sarebbe la radice comune che ci rende tutti fratelli: un’uguaglianza profonda che però non cancella le singole identità culturali. Al contrario, è proprio grazie a questa radice comune che la diversità può diventare un prezioso bene di scambio, cessando di essere un ostacolo al dialogo come adesso potrebbe apparire.
Smettiamola dunque di considerare la molteplicità come un male; ma non per questo dobbiamo rovesciare la sacralità dell’Uno. La mente umana tende a passare da un estremo all’altro: gli idoli di oggi diventano i demoni di domani. Cerchiamo dunque di non passare da un errore all’errore di segno opposto.

Mi chiederete: se l’Uno è buono, e la molteplicità anche, dove si annida il male? La domanda è irta di insidie, ma mi azzardo a rispondervi: il male si trova nella separazione. Non nella molteplicità, come credevano i filosofi antichi e meno antichi, ma nella disarmonia che ci separa dall’esistenza, che ci isola con un penoso sentimento di differenza. Una bolla infrangibile che ci rende estranei al Mondo in cui viviamo, che ci nega ogni possibilità di comunicazione con chi ci è accanto. Questa disarmonia strappa la radice che ci collega all’Uno, e al tempo stesso ci allontana dalla molteplicità, come se non ne facessimo più parte. Due lati del medesimo distacco. Il focolaio del male è qui: la violenza, l’odio e l’avidità sono i sintomi esteriori di questa patologia profonda. D’altro canto questi sintomi diventano la causa di un ulteriore peggioramento del morbo, creando un funesto circolo vizioso.
Purtroppo la disarmonia è molto diffusa. Così diffusa che si è convinta di essere il Mondo intero, l’unica vita possibile. Tanti credono a questa bugia: non resta loro che fuggire verso un miraggio. Occorre invece ricucire lo strappo, cancellare il distacco – sia dentro di sé che nel Mondo. Non abbandonare il Mondo, ma ricordarsi che facciamo parte di esso, e impegnarsi per curarlo.

Per concludere, voglio ricordarvi che sono le idee a servire l’uomo, e non viceversa. Se vi propongo un nuovo modo di pensare è perché penso possa portare miglioramenti alla nostra vita. L’applicazione pratica di queste basi teoriche potrebbe però evidenziare pericoli che il pensiero non era in grado di scorgere. In tal caso non dovremmo esitare ad abbandonarle, per cercare nuovi paradigmi più solidi e fruttuosi. Non scordiamo poi che il mondo cambia, e l’umanità muta con esso. Il pensiero che oggi è valido e utile col tempo può diventare obsoleto. La verità buona di oggi può trasformarsi col tempo in una catena, e in tal caso non bisognerà farsi scrupolo di spezzarla. Le idee sono un faro per orientarsi, non una tirannia a cui sottostare.

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Un Commento

  1. bertoldo

    Grazie, mi stai aiutando.
    Noi passiamo da una intuizione ad un’altra ed anche se il percorso non e’ in linea retta, ha una sua meta precisa.
    A mio avviso le idee esistono in maniera se stante e vengono singolarmente captate ed elaborate in base a nostra singola predisposizione.(Michelangelo per il suo verso, Dante per il suo, Verdi per il suo……oggigiorno la tecnologia wifi ci puo’ aiutare a capire la nostra possibilita’ di connessione con l’Uni-verso.
    Ritengo, tuttavia, che da soli, senza la Grazia (che si puo’ manifestare sotto infinite forme…esempio il suo articolo) difficilmente riusciremo a “spaziare” dall’Unita’ al Molteplice e viceversa.

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